GIORGIO MORIGI Una vita straordinaria seconda parte

 


                                                           Il prestigioso medagliere 


Parte seconda

Dalla campagna di Grecia alla “guerra di liberazione”


Il giorno dell’entrata in guerra -il 10 giugno del 1940- il Colonnello Morigi, inviato in “licenza ordinaria coloniale” di 60 giorni, si trova in Italia che ha da pochi giorni raggiunta dopo essersi imbarcato ad Assab il 26 maggio precedente.

Al termine della licenza non viene più rimandato in Africa, dove era nel frattempo stato destinato al Comando truppe di Harar, ma viene immediatamente inviato in Albania per assumere fino dal primo settembre di quello stesso anno il comando del 7° Rgt. Lancieri di Milano (che fa parte del raggruppamento del litorale). E’ evidente che lo S.M., conoscendone l’ardimento ed il valore e dando probabilmente per difficilmente difendibile tutto il settore dell’AOI per l’impossibilità di inviare rinforzi ed aiuti dalla madre Patria (o più verosimilmente attribuendo maggior valore, ai fini delle rivendicazioni del poi, alle possibili conquiste territoriali di una guerra che nelle purtroppo errate previsioni doveva durare pochi mesi) aveva ritenuto il Colonnello Morigi, per la sua pluridecorata intraprendenza, un elemento chiave della progettata avanzata sul fronte greco albanese. Ed anche in questo diversissimo teatro di guerra il colonnello non manca infatti di rispondere alle aspettative di chi l’ha collocato in prima linea. Il 28 ottobre del 1940 -data fatidica in ricordo della Marcia su Roma, che si voleva evidentemente commemorare con un evento altrettanto importante- il reggimento inizia a muovere e dopo i primi accesi scontri con la fanteria greca entro pochi giorni passa il fiume Kalamàs il cui guado non era in precedenza riuscito al Reggimento Lancieri di Aosta (1), entrando quindi per primo in territorio greco e giungendo ad Igoumentitsa nella serata del successivo 6 novembre.


 Fronte greco combattimenti dal 28/10 al 9/11 1940 Appena oltrepassato il fiume Kalamàs il Col.Morigi impartisce ordini agli Ufficiali NB: Per l’offensiva sui fiumi Kalamàs e Vuvos il Rgt fu citato sui bollettini di guerra ed il Col.Morigi fu decorato della Croce di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia (v. punto 24 dello stato di servizio). E di Medaglia d’Argento al V.M.

Stando alla motivazione dell’ennesima decorazione poi conferitagli per l’azione sul Kalamàs (Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia), il reggimento il cui 2° Squadrone, Morigi in testa, era stato il primo a guadare il fiume, irrompeva arditamente in territorio nemico e con rapida manovra accerchiava le forze avversarie catturando uomini ed impadronendosi di armi e cannoni. Lanciatosi poi all’inseguimento con il consueto impetuoso ardore, entrava in profondità segnando la tappa più avanzata della offensiva. Come noto, però, quel nostro primo affondo non ebbe poi sorte fortunata. Le asperità del terreno, l’imprevista violentissima reazione dell’esercito ellenico, padrone di un territorio tormentato e ben conosciuto, l’impreparazione e la faciloneria dei nostri comandi superiori non consentì di “spezzare le reni alla Grecia” con la rapidità che in alte sfere si sarebbe auspicata, tanto che i Lancieri di Milano si trovarono più volte, fra il novembre del 1940 e l’aprile del 1941, a dover avanzare o ripiegare o a dover correre in soccorso a rinforzo di altri reparti in difficoltà. Non si dimentichi, a dar prova dell’asprezza dei combattimenti, che il fronte greco albanese vide il sacrificio di splendide truppe quali la divisione alpina Julia, che poi si coprirà di ulteriore gloria in Russia due anni più tardi, immortalato da una famosa, tristissima canzone (Sul ponte di Peràti, bandiera nera, la meglio gioventù va sottotéra”) fra le più amate dai nostri Alpini perché ricorda l’ignoto eroismo di tanti. E sempre sul fronte balcanico il Colonnello Morigi si guadagna un’altra medaglia d’argento al V.M. allorché, fra il 9 ed il 12 aprile del 1941 in una valle denominata Ostrenj Vogel, (ai confini fra Epiro e Jugoslavia), al comando di reparti già duramente impegnati, ebbe l’incarico di costituire un fronte di difesa in un’angusta gola montana e di resistervi ad oltranza. Il colonnello vi organizzò con mirabile prontezza una salda linea e, sempre alla testa delle truppe, incitando e confortando con la costante presenza al fianco dei suoi gregari, resisteva due giorni e tre notti agli attacchi che il nemico portava in forze, prodigandosi, come dice la motivazione, “con audacia, autorità e saggezza, esponendosi ove più grave ed imminente era la minaccia di un successo dell’avversario, finché annientava con tale vittoriosa resistenza ogni velleità di questo e poteva guidare i reparti all’inseguimento del nemico travolto”. 


         Frontiera albanese fine marzo 1941 Morigi con Ufficiali Lancieri che parteciparono ai combattimenti  nella valle di  Ostreni Vogel

 

  Le vicissitudini delle nostre truppe vengono alleviate, dalla decisione tedesca di intervenire dal Nord. La travolgente calata delle truppe germaniche ha un effetto devastante per l’esercito greco ed a nulla possono neppure gli aiuti degli inglesi cacciati anche da Creta -dove si erano in precedenza consolidati- a seguito di un’operazione passata alla storia della II GM come la più grande operazione aviotrasportata delle truppe paracadutiste tedesche, che occuparono l’isola se pur a prezzo di perdite pesantissime.  Sta di fatto che una bella foto del Colonnello Morigi lo ritrae nel 1942 con alle spalle il profilo del Partenone, a significare la definitiva (per il momento) presa di possesso della Capitale e della Grecia tutta. 




                 Atene 1941-42 Il Colonnello M. con lo stendardo dei Lancieri di Milano sul Partenone


         Da allora i soldati italiani presero a convivere amichevolmente con la popolazione locale e furono sempre visti come occupanti dal volto umano tanto che i greci ancor oggi li ricordano con simpatia (al contrario degli occupanti germanici) e qualcuno finì pure fra l’ironico ed il dissacrante (ma non andando poi troppo lontano dal vero) per definire le nostre truppe di occupazione come “l’armata sagapò”, liberamente traducibile come”l’armata dell’amore” (letteralmente: l’armata ti amo”) per gli innumerevoli episodi di fraternità ed amorosi che legarono greci, greche e soldati italiani forse inconsapevolmente affratellati da un comune sentire dovuto alle antiche radici civilizzatrici che non li voleva, in realtà, veramente nemici.

   Sta di fatto che nell’agosto del 1942 il colonnello si trova momentaneamente “disoccupato” avendo brillantemente portato a termine il compito affidatogli ed essendo stato richiamato in Patria per essere destinato al Comando per la Difesa territoriale di Napoli. Per un “tipo” come il Colonnello Morigi il nuovo incarico sta particolarmente stretto e così risponde con immediato entusiasmo alla richiesta del Ministero della Guerra che è alla ricerca di volontari, meglio ancora se di alto grado, disposti a passare a reparti paracadutisti (2) Viene destinato al centro paracadutisti di Tarquinia quale vicecomandante e subito iniziano gli addestramenti con lanci a terra ed in mare. 


A Tarquinia, in allenamento con la tuta per i lanci in mare, settembre 1942

                                               

                             

Già nel novembre di quell’anno, terminato il corso, viene destinato presso il Comando della Divisione Paracadutisti Nembo come facente funzioni di vice comandante. Nel luglio del 1943 viene nominato Generale di Brigata. Nel frattempo la divisione Nembo viene trasferita in Sardegna come forza antisbarco (si temeva infatti un’invasione dell’isola più che un’invasione dalle coste continentali) ed una piccola aliquota della stessa (56a compagnia del XIX B.ne) resta invece a Firenze dove, quel fatidico 8 settembre, si trova anche il Generale Morigi. Per tanti militari questo fu il momento di scegliere fra il restare fedeli al giuramento dato al Re o seguire la voce della coscienza e dell’onore (a non voler considerare chi scelse di nascondersi o fuggire o di prendere le armi contro propri fratelli approfittando dello sfacelo del momento). Molte scelte dipesero da fattori imprevedibili ed occasionali e non furono neppure questioni etiche o ideologiche. E’ ignoto quali sentimenti si agitassero in tanti cuori in quei tragici momenti. Per molti decise solo il destino. Ed il destino volle che truppe germaniche, appena il 9 settembre, si impossessassero con la forza di una batteria (cannoni e serventi) del 41° Rgt artiglieria Firenze dirigendosi poi, armi e bagagli, verso il passo della Futa. Morigi è uomo dalle decisioni impetuose e veloci. Raccoglie i suoi paracadutisti e si getta all’inseguimento dei tedeschi, da bravo soldato italiano per liberare altri soldati italiani che sono stati fatti prigionieri. E i nostri paracadutisti sono truppe temibili. In breve raggiungono i tedeschi, ingaggiano ripetuti scontri a fuoco e li mettono fuori combattimento causando loro molte perdite, recuperando cannoni ed automezzi e liberando gli artiglieri. La scelta di campo è fatta. Morigi diventa da quel momento il ricercato n.1 da parte del Comando Tedesco e deve fuggire precipitosamente da Firenze. Attraversa l’Appennino con alcuni ufficiali paracadutisti che sono da tempo al suo comando e si ferma a Rimini, dove chiede aiuto al prof. Silvestrini, amico di famiglia, che lo cura e lo ingessa per una distorsione ai legamenti di un ginocchio procuratasi durante fuga per il ribaltamento di un mezzo. Ripresosi, tenta di scendere verso il sud lungo la costa. Giunge a Roseto degli Abruzzi intorno alla fine di settembre; si nasconde in casa di un pescatore e qualche giorno dopo prende il mare nottetempo con una piccola lancia a vela con la quale raggiunge dapprima Termoli, già in mano alleata, e poi via terra Brindisi dove si presenta subito al Comando dello SM del Regio Esercito. L’apparizione inattesa ed insperata di un ufficiale di così alto livello e di così grande prestigio è quasi un miracolo per le demotivate ed asfittiche truppe regie, mal viste dagli alleati, male in arnese e male equipaggiate. Riceve immediatamente l’incarico di recarsi in Sardegna per rilevare il generale Ronco che è al comando della Divisione Nembo, scossa da sussulti insurrezionali e da profonda crisi morale dopo che il colonnello comandante Bechi, eroe della campagna d’Africa, era stato ucciso perché si opponeva al passaggio ai tedeschi. Parte delle truppe è infatti favorevole a questo passaggio(3) e la situazione appare difficile, per lo scoramento ed il disorientamento che affliggono tutta la divisione. Il compito di Morigi è difficile e pericoloso ma il suo prestigio e la sua perenne “grinta” (ben percepibili da una fotografia che lo ritrae mentre arringa i ragazzi della Nembo che lo circondano) affascinano quei giovani che hanno rifiutato la scelta del “tutti a casa” pur essendo tormentati dal dilemma se schierarsi al fianco dell’alleato manifestamente tradito o se restare fedeli al giuramento al Re, e restituiscono loro qualcosa in cui credere e per cui combattere ancora: l’Italia, sempre e comunque (4).


Il Gen. Morigi con i paracadutisti del 3°plotone,39° compagnia,XIII Battaglione, 184°Rgt.   Commento: …”E il cuore di rincalzo” Il motto ideato dal generale Morigi per i paracadutisti della Nembo:  “….è un comandante che sa portare al combattimento soldati della tempra dei paracadutisti e che li ha portati nel nome della Nembo a compiere le gesta di Chieti e di Filottrano in povertà di mezzi e di vestiario.” (dal rapporto personale sul gen.Morigi, commento del Gen. Paolo Berardi,già capo di S.M. del Regio Esercito. 22.febraio 1945)

                                     


    Morigi riesce a risvegliare in quei cuori l’orgoglio ed a indirizzare lo spirito combattivo dei paracadutisti facendo leva sul sentimento nazionale. Inizia così un intenso addestramento, sotto gli occhi diffidenti (ma contemporaneamente ammirati) dei nuovi alleati che solo nel maggio 1944 decidono di mettere alla prova la Nembo. Imbarcata a Cagliari su due incrociatori (Montecuccoli e Garibaldi), la Nembo giunge a Napoli (5) e, destinata al fronte, inizia il trasferimento verso Benevento. Ma un incidente turba ben presto il clima. Una pattuglia di paracadutisti si scontra con un gruppo di militari indiani per questioni di precedenza su un ponte, uccidendone alcuni. Il generale inglese che comanda i reparti alleati minaccia di rimandare la divisione in Africa, in campo di concentramento. Lo fronteggia Morigi che, col consueto impeto, gli chiede di quante divisioni mai disponga per poter far prigioniera la Nembo e lo pianta in asso, pur aspettandosi reazioni terribili. Invece tutto rientra nella normalità e la divisione viene fatta proseguire. Morigi dovrà anche in seguito intervenire per prendere le difese dei suoi ragazzi a motivo delle loro fiere intemperanze; ma le necessità del fronte prevalgono. Infatti viene subito fatta entrare in linea in sostituzione di truppe inglesi e sferra un primo attacco già il 18 maggio conquistando appena dieci giorni dopo, dopo aspri combattimenti, un obiettivo importante (Monte Cavallo) suscitando nei nuovi alleati simpatia ed ammirazione. La divisione viene poi trasferita sul fronte adriatico dove, inquadrata nel CIL (6) nel frattempo passato alle dipendenze del secondo corpo polacco del generale Anders, risale lentamente lo stivale. Ed è questa la fase nella quale la divisione si copre di maggior gloria e subisce nel contempo le maggiori perdite. Entra per prima in Chieti, il 10 giugno, scacciandone i tedeschi che si apprestavano a distruggere la città per ostacolare l’avanzata degli alleati. Sempre al comando di Morigi, che combatte in prima linea con i suoi infondendo loro impeto e coraggio, la Nembo, cui è stato assegnato tale obiettivo, entra per prima in Filottrano scacciandone i tedeschi dopo durissimi combattimenti corpo a corpo e dopo che Morigi ha rifiutato la proposta di aiuto del comando alleato di bombardare preventivamente il paese (che sarebbe stato raso al suolo senza remore di sorta) nella quale oltre ai tedeschi sarebbero però morti anche centinaia di abitanti, nascosti nelle cantine (e per questa ragione Morigi sarà poi nominato cittadino onorario di Filottrano, come di tante altre cittadine della fascia adriatica, risalita dalla Nembo per più di 380 chilometri). 



 Filottrano, 10 luglio 1944 Paracadutisti della Nembo dopo la battaglia



Sarnano, 21 giugno 1944 i paracadutisti della 184°compagnia motociclisti della Nembo entrano per primi a Sarnano accolti dalla popolazione esultante per l’arrivo dei soldati italiani





I paracadutisti della 184° compagnia motociclisti Nembo posano in gruppo con la popolazione civile di Sarnano dopo la liberazione della città.

    Quando sul campanile fu issata la bandiera italiana i polacchi, che erano rimasti lontani spettatori, si scoprirono il capo in segno di ammirazione e rispetto (7). In quella occasione il Capo di SM ,Gen.le Paolo Berardi (8) indirizzò al Comandante del CIL ,Gen.le Utili ed al Generale Morigi, perché ne dessero notizia alle truppe, un telegramma :”Voi non sapete ancora quale grandezza di servizio avete reso all’Italia. A te e a Morigi, che con la vostra opera fattiva e silenziosa risollevate l’onore e la capacità dei vilipesi generali italiani, il mio saluto affettuoso e l’espressione della riconoscenza dell’esercito”. Per i paracadutisti, che lo hanno con scanzonato affetto soprannominato “il masnadiero”, Morigi ha ideato un motto: “e il cuore di rincalzo” e certo i suoi parà ne hanno tratto conforto ed avuto conferma visto che dopo tante battaglie la Nembo ha subito gravissime perdite tanto da venire sciolta (settembre 1944) ma solo per dar vita ad una nuova unità: il Gruppo di Combattimento Folgore (9) del quale Morigi assume il comando il 29 settembre del 1944. Nonostante le diserzioni all’interno dei reparti costituiscano un problema, tanto che lo SM conia il termine “assenti arbitrari” per definire i tanti che si defilano dai ranghi, tale problema non riguarda il Gruppo Folgore, che vede il fenomeno opposto tanto che Morigi, a sua volta, conierà il termine: “presenti arbitrari” ad indicare gli uomini che volontariamente vi si aggregano. Il Gruppo, rivestito ora con divise di foggia inglese (con fregi del CIL e scudetti tricolore) che hanno sostituito le ormai lacere ma gloriose divise da paracadutisti italiani ridotte a brandelli da mesi di servizio in prima linea, prende le consegne dalla divisione britannica “Pugno di ferro” il 1 marzo del 1945 ed entra in linea nella zona delle valli del Senio e del Santerno, dove scriverà le ultime pagine di gloria nella conquista di Grizzano, formidabile posizione chiave del sistema difensivo germanico, conquistata dalla compagnia d’assalto del 2° battaglione, al comando del Ten.Col. Izzo, dopo furiosi combattimenti corpo a corpo ed infruttuosi contrattacchi di altrettanto valorosi reparti di paracadutisti tedeschi. Ad Izzo, che resta ferito, verrà conferita la Distinguished Service Cross , la più alta onorificenza che possa fregiare il petto di un soldato non britannico. Cessate le ostilità, a Morigi viene affidato un altro delicatissimo compito: quello di rilevare l’88° Divisione americana nel controllo di un territorio particolarmente a rischio per le forti spinte autonomiste: l’Alto Adige. Compito, questo, che  presta con la consueta abilità e tempra, fino a che non viene trasferito a Roma “a disposizione del Ministero della Guerra”. Con la tradizionale “carità pelosa delle volpi altolocate” della quale sono spesso destinatari personaggi assai più meritevoli di coloro che li debbono premiare, nel giugno del 1945, anzi che promuoverlo al grado di Generale di Divisione per merito di guerra (come aveva proposto lo stesso Generale Utili e come sicuramente avrebbe meritato)  lo SM gli conferì “solo” la Croce di Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia (che è tuttavia la più alta decorazione al V.M.)  con la seguente motivazione: “ Comandante di una divisione di paracadutisti da lui personalmente riportata in eccellenti condizioni di spirito e di coesione la impegnava nella guerra di liberazione con superbo slancio,con sicura decisione e con notevole intuito del combattimento. In una dura giornata, pesando intera sulla sua divisione prematuramente impegnata la responsabilità  del prestigio delle armi italiane, dominava le alterne vicende della lotta con volontà inflessibile, con lucido apprezzamento della situazione, con manifesto disprezzo d’ogni rischio personale ed assicurava alle nostre armi un successo brillante di vasta eco. Fronte adriatico, giugno-agosto 1944. Filottrano,8-9 luglio 1944”.

Con una certa amarezza temperata solo dalla gratitudine delle popolazioni che lo hanno visto all’opera con i ragazzi della Nembo, rientra ben presto nella vita civile venendo collocato nella Riserva fino dal 17 marzo 1947. Torna quindi in famiglia fra gli affetti dei suoi cari e in particolare dei suoi due figli, Ugo e Giulio che, pur giovanissimi, nell’estate del 1944 lo avevano raggiunto al fronte dopo aver anch’essi avventurosamente passato le linee tedesche per seguirlo in guerra. Continua ancora a vincere in certo meno cruenti concorsi ippici ai quali, con lo stesso ardore giovanile, parteciperà ancora per anni, e si spegne a Rimini il 25 settembre 1972. I paracadutisti della Nembo e gli ormai pochi reduci ricordano ancor oggi il grido d’arme tratto dall’Ordine del Giorno che il Generale indirizzò ai suoi quando la Divisione fu sciolta, in uno stesso 25 settembre di tanti anni prima (10):Ora e sempre…. NEMBOOO ! “.

 


 

 

1)    Vi morì il Ten.Riccardo Avati, la prima Medaglia d’Oro sul fronte greco albanese

2)     Lo S.M. aveva inizialmente previsto la formazione di tre divisioni di paracadutìsti: una rinnovata FOLGORE,la NEMBO e la mai nata CICLONE , della quale Morigi avrebbe docuto avere il comando.

3)    Il XII B.ne, al comando del Maggiore Rizzati, resterà infatti  al fianco dell’originario alleato.

4)    Per lo stesso motivo, sempre per l’Italia e nello stesso momento, moltissimi altri giovani, al Nord, correranno generosamente ad offrire le proprie vite come volontari nel ricostituito esercito della Repubblica Sociale

5)    In questa fase, la Nembo è costituita da due reggimenti, il 183° e 184° (con artiglieria) ciascuno su due battaglioni.

6)    Corpo Italiano di Liberazione

7)    Per questa azione e per l’attiva collaborazione con il corpo al suo comando, Morigi riceverà dal Generale Anders la Croce polacca di V classe “Virtuti  militari”.

8)     Lo stesso gen.le Berardi, nelle sue memorie (O.D.C.U. Studio Editoriale,Bologna, 1953) ricorda un episodio emblematico. Quando i primi gruppi di combattimento del CIL (Cremona e Friuli) furono fatti sfilare a Roma, dove ebbero subito accoglienze festose della popolazione, avanti al palco ove erano presenti autorità politiche e militari italiane ed inglesi era stata collocata una bandiera italiana. Prima dell’inizio della sfilata un gruppo di facinorosi, agitando una bandiera rossa, strapparono e buttarono a terra il tricolore. Ministri e sottosegretari comunisti, presenti, non intervennero. Gli inglesi, come annota il Generale, ”rimasero talmente stomacati dal comportamento di fronte al simbolo nazionale che non permisero più sfilate di altri Gruppi del CIL”.

9)     I Gruppi di Combattimento furono quattro: Folgore Cremona Friuli e Legnano. Furono costituiti anche i GdC Mantova e Piceno ma questi ultimi non entrarono mai in linea; anzi, molti reparti del ricostituito RE, con irriguardosa ed umiliante insensibilità, furono mandati ad aiutare i contadini pugliesi nella mietitura del grano. Il GdC Folgore raccoglieva i superstiti, rimasti nel RE,  del Rgt. Paracadutisti Nembo, del Rgt.Fanteria di Marina San Marco, del Rgt.Artiglieria Folgore.; uomini degli stessi reparti, nello stesso momento, combattevano al Nord, sotto le insegne della Repubblica Sociale, mossi dagli stessi sentimenti di italianità.

10)     Per le perdite subite in battaglia, la Nembo era stata sciolta il 25 settembre del 1944  per dar vita al Gruppo di combattimento Folgore.

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