Notte fra il 10 e l'11 febbraio 1918 : LA BEFFA DI BUCCARI

 



Notte del 10/11 febbraio 1918 : La BEFFA DI BUCCARI


Da un racconto di Gaetano D. Rossi  

pubblicato per ARIES su: VIVA L'ITALIA , I Decorati Riminesi al Valor Militare

(Gaetano D. Rossi Ettore Tosi Brandi , Panozzo Ed. 2012)

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Siamo trenta d’una sorte,

e trentuno con la morte.

 Eia , l’ultima !  Alalà !

 Siamo trenta su tre gusci,

su tre tavole di ponte:

secco fegato, cuor duro,

cuoia dure, dura fronte,

mani macchine armi pronte

e la morte paro a paro.

 Eia, carne del Carnaro !

Alalà !                                                                                                                                                                           (Gabriele D’Annunzio, marzo 1918)

 

Così recitano i primi travolgenti versi della “Canzone del Quarnaro” che D’Annunzio scrisse nel trigesimo dell’impresa di Buccari cui aveva egli stesso partecipato aggiungendo all’eroismo dell’impresa portata a termine da trenta ardimentosi anche la beffa,  col lasciar galleggianti  nella rada spericolatamente violata tre bottiglie sigillate con nastri tricolori, ciascuna contenente un biglietto di sfida che certo dovette bruciare agli attoniti austriaci  più dell’affondamento del piroscafo che i siluri dei MAS erano riusciti a centrare.

 Ed è a quei trenta uomini che questo racconto è dedicato sia perché protagonisti di una fra le più clamorose azioni delle marine di tutti i tempi, e quindi tutti quanti meritevoli di imperitura memoria, sia perché fra quei temerari possiamo orgogliosamente annoverare due personaggi legati al nostro territorio: Edmondo Turci della vicina Sant’Ermete (frazione del Comune di Santarcangelo di Romagna) e Virginio Gaddoni, riminese d’adozione.


                                   

Edmondo Turci a fianco del primo di uno dei due motori  da 260 cv realizzati  dalla Isotta Fraschini per dotarne i primi Motoscafi Anti Sommergibile (MAS). Turci era stato comandato per scortarne il trasporto dalla sede della fabbrica fino a Venezia.


   Virginio Gaddoni nasce a Massalombarda il 17 dicembre 1895 ma la famiglia si trasferisce a Rimini quando lui ha appena pochi mesi. E’ quindi un concittadino a pieno titolo. Abbandona presto gli studi per andare “a bottega” da un fabbro per poi qualificarsi come aggiustatore meccanico e si trasferisce a Torino dove viene assunto alla FIAT. Chiamato alle armi nel 1915, frequenta un corso di specializzazione per motoristi della Marina ed è primo su 120 aspiranti. Passa alle basi di Portoferraio e poi a Venezia, come motorista dei M.A.S. la cui sigla, a quel momento, riflette ancora quella meramente tecnica di “Motoscafi Anti Sommergibile” corrispondente al primo utilizzo per il quale questi piccoli mezzi veloci erano stati ideati (1). Nei primi anni di guerra prende parte a numerose azioni (tanto che verrà poi decorato con una prima Croce di Guerra al Valor Militare “perché imbarcato sui MAS partecipa  a numerose imprese di guerra ed agguati nelle acque nemiche dimostrando sempre buone doti militari e marinaresche”) ma l’azione che segnerà per sempre la sua vita, anche per il rapporto di amicizia poi stretto con Gabriele D’Annunzio, è certamente quella ricordata dalla Storia come “La Beffa di Buccari”, che val certo la pena di ricordare insieme.

    E’ innanzitutto da dire che la guerra per mare, nell’Adriatico, assume fin da subito una caratteristica particolare. Gli Italiani hanno chiuso con sbarramenti di ogni sorta il Canale di Otranto, vigilato anche da navi di superficie, sottomarini, e dalla prima delle squadriglie dei MAS (costituita nel gennaio del 1916) al comando del Tenente di Vascello Alfredo Berardinelli –comandante in seconda, Ten. di Vascello Gennaro Pagano di Melito-  che da Venezia (dove si costruiscono i MAS) viene trasferita nel basso Adriatico, a Brindisi e che si adopera per dar grattacapi al nemico violando ripetutamente il vigilatissimo porto di Durazzo ed affondandovi ripetutamente navigli (Lokrun, Galizia, Serajevo).  La potente flotta austriaca è così costretta a poche uscite in squadra, non riuscirà mai ad entrare in Mediterraneo e, salvo i primissimi giorni di guerra durante i quali costeggiò il litorale adriatico bombardando alcune città fra le quali Rimini, per rispondere ad un’incursione che la torpediniera Zefiro aveva effettuato dentro Porto Buso dove aveva distrutto alcune strutture a colpi di cannone  catturando l’intero presidio, uscirà solo un paio di volte dai porti di Trieste e di Pola e solo per dare il proprio contributo al tentato sfondamento della linea del Piave; ma anche qui, senza riuscirvi, proprio per le temerarie incursioni dei piccoli MAS. (2)


                        
            Una squadriglia  di MAS  immaginata  in azione da Achille Beltrame per la                                                                                  Domenica del Corriere.  

 L’Ammiraglio Thaon di Revel, Capo di SM della Marina, ha subito intuito che in tal situazione a poco vale predisporre piani strategici in vista di scontri delle flotte in alto mare perché la flotta austriaca non pare propensa a prendere il largo. Meglio, allora, dar credito all’idea dell’Ing. Attilio Bisio, Direttore del Cantiere Navale di Venezia, che ha proposto di costruire barche armate, veloci e nello stesso tempo idonee a sopportar vibrazioni e brusche manovre, agili per incursioni e per vigilanza delle coste, inizialmente pensate per la caccia ai sommergibili e talmente minuscole da non costituire facile bersaglio.

  Così, dopo che la prima squadriglia MAS ha dato tanta buona prova di sé al sud, ecco formarsi la seconda squadriglia, comandata dal Capitano di fregata Costanzo Ciano, audace marinaio che non teme nulla e nessuno.

Gaddoni e Turci ne fanno parte quali motoristi , una delle specializzazioni che date le dimensioni  e caratteristiche dei mezzi è fra le più dure. Si pensi che il vano motori, sottocoperta, è un locale angusto, stretto fra i due potenti motori  -da 260 cv l’uno- realizzati dalla Isotta Fraschini. A volte succede che le pompe che comprimono l’aria nei serbatoi per consentire l’afflusso regolare del carburante si guastino (quello dei guasti ai motori è un problema che spesso emergeva e naturalmente nei momenti più delicati; e allora la vita di tutti dipendeva proprio dai motoristi, che dovevano saper presto e bene riparare l’avaria) ed i motoristi debbono sopperire pompando a mano con l’energia, l’accanimento ininterrotto e la vigorosa lena che il caso richiede.

 In quel piccolo ambiente viene a mancare l’aria, i vapori dell’olio combusto e della benzina seccano la gola, il rumore è assordante nonostante le cuffie portavoce che devono consentire di udire gli ordini trasmessi da un piccolo tubo flessibile collegato con l’esterno, e quindi non possono riparare le orecchie più di tanto; lo sforzo è tremendo.  Le pompe non possono esser lasciate un attimo. Capita che i motoristi (ed a Gaddoni e Turci capitò) venissero a volte raccolti esanimi dopo che in un rientro precipitoso accompagnato dalle cannonate austriache sono rimasti per ore a pompare freneticamente, senza che i comandanti sapessero dei loro immani, silenziosi sforzi .

  Avviene quindi che sul finire del 1917 viene segnalata all’Ammiragliato la presenza di una grossa nave da guerra ed alcuni piroscafi nella baia di Buccari.

Buccari si trova al fondo del golfo del Quarnaro, dove l’Adriatico si insinua fra le coste orientali dell’Istria e l’isola di Cherso (Canale della Faresina) e giunge a bagnare Fiume; la piazzaforte di Porto Re è vicina e le sue potenti batterie vigilano sull’imboccatura della baia  e sul canale Maltempo, che separa la terraferma dall’isola Veglia; in caso di allarme, dalle piazzeforti di Pola e di Lussino possono uscire in tempi rapidissimi le torpediniere austriache e per tagliare ogni eventuale uscita dal golfo; è ignoto quanti sbarramenti  si dovranno superare, fra torpedini (mine sommerse), cavi d’acciaio, catene tese fra galleggianti e scogli;  siamo, quindi, in pieno e munitissimo territorio nemico; le coste che i nostri dovranno sfiorare a poche decine di metri brulicano di artiglierie, postazioni di mitragliatrici, posti di guardia; entrare in quel golfo è quindi come infilare una mano in un vespaio.

 Gli austriaci si sentono sicuri; ma la nostra Marina ha già ripetutamente dimostrato di esser capace di azioni leggendarie. E anche questa lo fu.

Thaon di Revel ordina a Ciano di predisporre un piano per un’incursione. Gli si affianca il Capitano di Corvetta Luigi Rizzo, che è soprannominato “l’affondatore” per aver già mandato ai pesci, nel dicembre appena passato, la corazzata “Wien” violando il porto di Trieste, ove la corazzata era ormeggiata (3).

Vengono armati tre MAS, scelti fra i più veloci, il 94, il 95 ed il 96. Persino D’Annunzio, che  ben conosce l’ardimento dei “Masisti” e che ha già visto Turci a Brindisi all’epoca del forzamento del porto di Durazzo, chiede ed ottiene di far parte dell’impresa. L’obiettivo viene tenuto segreto fino all’ultimo momento. I marinai (10 per equipaggio) se lo vedono arrivare la mattina della partenza. Si rivolge a loro con un discorso che inorgoglisce ed  infiamma, da par suo, che val la pena di riportare per intiero : 

Marinai, miei compagni, questa che noi stiamo per compiere è un’impresa di taciturni. Il silenzio è il nostro timoniere più fido. Perciò non conviene un lungo discorso a muovere in voi un coraggio che è già impaziente di misurarsi con il pericolo ignoto. Se vi dicessi dove andiamo, io credo che non vi potrei tenere dal battere una tarantella di allegrezza. Ma avete certo indovinato dalla cera del vostro Comandante, che questa volta getta il suo fegato più lontano che mai. Ora il suo fegato è il nostro; andiamo laggiù a ripigliarlo. Siamo un pugno di uomini su tre piccoli scafi. Più dei motori possono i cuori. Più dei siluri possono le volontà; e il vero treppiede della mitragliatrice è lo spirito di sacrificio. Da poppa a prua, ordegni ed armi, vigilanza e silenzio, niente altro. La notte è senza luna e noi non invochiamo le stelle. V’è una sola costellazione per l’anima sola: la buona Causa. Per lasciare un segno al nemico portiamo con noi tre bottigliette, suggellate e coronate di fiamme tricolori. Le lasceremo a galla stanotte, laggiù nello specchio d’acqua incrinato, tra i rottami e i naufraghi che avremo colpito. In ognuna è racchiuso questo cartello di scherno….. (v. a seguire, la riproduzione fotografica del messaggio autografo)….La nostra impresa è tanto audace che già questa partenza è una vittoria sopra la sorte. Per ciascuno di voi l’averla compiuta sarà un onore perpetuo. Domani il vostro nome dorato come il siluro e dritto come la sua traiettoria, traverserà l’aspettazione della Patria. Ciascuno di voi oggi deve dare non tutto sé ma più che tutto sé; deve operare non secondo le sue forze ma al di là delle sue forze. Lo giurate? Compagni, rispondetemi ! 

All’unisono, quasi uno scoppio liberatorio dopo tale appello, gli uomini e i comandanti prorompono in un unico grido : “Lo giuriamo! Viva l’Italia! “ E allora D’Annunzio consegna ciascun marinaio  una bandierina tricolore -come disse- :”non più grande di un cuore umano”, a rappresentare la comunione di ciascun partecipante con lo spirito della Patria.  La promessa è questa:  si torna tutti o nessuno!

 

Tutti tornano, o nessuno.

Se non torna uno dei trenta

torna quella del trentuno,

quella che non ci spaventa,

con in pugno la sementa

da gittar nel solco avaro

 Eia fondo del Quarnaro !

Alalà !


Ecco il testo  del messaggio che D'Annunzio pose nelle tre bottigliette adorne di nastro tricolore, lasciate per sfida a galleggiare nella rada violata da quegli ardimentosi 


      E’ il pomeriggio inoltrato del 10 febbraio. E’ già scuro e le torpediniere hanno trainato i MAS , che devono risparmiare carburante per le molte miglia (quasi 90 !) da percorrere in territorio nemico, sino all’imboccatura del canale della Faresina, dove si era incagliato il sommergibile “Giacinto Pullino”, al comando del martire istriano Nazario Sauro catturato ed impiccato dagli austriaci. Durante la traversata D’Annunzio ha dato un’ulteriore contributo alla storia della marineria. Ha voluto cambiare l’acronimo latino che si voleva affiancato alla sigla militare (Motum Adiuvat Spes) ideato dal masista Procaccini. Con un consueto lampo di genialità il Vate lo trasforma in Memento Audere Semper (ricorda di osare sempre) e questo motto, immediatamente trascritto su una tavoletta nello specchio di poppa del MAS 96 sul quale D’Annunzio è imbarcato insieme a Ciano e Rizzo (Turci, uno dei due motoristi, ne è testimone), è subito consegnato alla storia.




  Una delle 31 bandierine. Se ne può comprendere l'importante rarità ed il grande valore storico; 
è quella di Edmondo Turci, attualmente conservata nella biblioteca di Santarcangelo di Romagna

 Ma passiamo all’azione: E’ mezzanotte; gli sbarramenti sono stati superati con ore di lavoro, nel più assoluto silenzio. I proiettori che sciabolano costantemente le acque  non hanno individuato i tre minuscoli scafi.  Nei vani motori dei rispettivi  MAS Gaddoni (che è sul 95), Turci  e gli altri motoristi grondano sudore e faticano a respirare. Si azionano i motori elettrici dei quali i MAS sono dotati per le fasi più delicate, quando operano sottocosta; ma il ronzio è inevitabile nonostante i già angusti vani siano stati “insonorizzati” con materassi che riducono ancor più il poco spazio a disposizione. Si passa sotto Porto Re, imboccando la baia di Buccari che in quel punto è larga sì e no 500 metri. Se fossero scoperti ora nessuno avrebbe scampo. Da terra, nel buio, una  voce grida “Wer da ?” Con freddezza Ciano risponde: “Fischer” (pescatore)….“Gut” risponde l’anonima sentinella. Tutti trattengono il respiro.  Lentamente i tre MAS si avvicinano alle sagome scure di alcune navi. Giunti a 300 metri  il caposquadra MAS 96 prende posizione puntando la prua contro una di quelle ombre e Ciano ordina, finalmente, “fuori a sinistra”! Un tonfo ed il siluro inizia la sua corsa. Il MAS, alleggerito di quel peso agganciato alle tenaglie che sporgono fuoribordo sbanda  a destra ed i motoristi, nel buio del vano motori, rotolano uno sull’altro. Segue il lancio di tutti gli altri siluri ed il MAS recupera l’assetto. Dopo pochi secondi un cupo boato ed un improvviso bagliore confermano che, superate le reti di protezione, almeno uno è giunto a segno: una nave è colpita e sta affondando!  Dopo un attimo di euforia si riaccendono i motori a scoppio e si vira verso l’uscita dalla baia  fatti segno da imprecise raffiche di mitragliatrici mentre passano il canale della Faresina. D’Annunzio lancia in mare le tre bottiglie col messaggio di scherno che verrà poi ritrovato il mattino successivo. Gli austriaci sono sgomenti; non capiscono bene da dove venga l’attacco. A quel punto, scrutando nel buio,  Ciano si accorge che uno dei tre  MAS, il 94, manca all’appello. Si fermano i motori e si resta in ascolto;  ma poiché nulla si  ode, il Comandante ordina di invertire la rotta :“tutti o nessuno” aveva detto D’Annunzio e i trenta uomini l’avevano giurato;  i due MAS, con incredibile audacia degli equipaggi, ritornano nella baia e vi incrociano a tutta velocità per un’ora, sfuggendo ai colpi nemici. Del 94 nessuna traccia; vuol dire che è riuscito ad uscire per altra rotta; si riparte, e per la quarta volta i MAS sfilano sotto le batterie costiere senza che nessuna riesca a colpirli;  fuori dalle acque nemiche ritrovano il terzo MAS e mentre gli austriaci, fatte uscire le torpediniere li cercano sulla rotta per Venezia, riunita la squadra puntano su Ancona, dove giungono la mattina del 11 febbraio 1918 ricevendo immediato l’elogio del Capo di Stato Maggiore, anticipatore delle meritate decorazioni per l’audacissima azione. I trenta non si dimenticheranno più. I vincoli profondi nati dall’immane pericolo affrontato insieme li uniranno per sempre. Gaddoni e Turci rimarranno legati da fraterna amicizia con il Vate, fino alla sua morte, avvenuta nel 1938, essendo spesso suoi ospiti al Vittoriale (Turci fu anche chiamato a formare l’equipaggio del MAS 96 che il Governo donò a D’Annunzio in memoria della Beffa, ed a bordo del quale il Poeta amava  sovente solcare le acque del Garda). 



Il MAS 96 esposto al Vittoriale degli Italiani a Gardone


Nel 1960 Gaddoni organizzò proprio a Rimini un raduno dei superstiti pro erezione di un monumento a Gabriele D’Annunzio, che poi non si fece. A Gaddoni, cui la Marina intitolò poi la caserma di Fano, fu concessa una prima medaglia di bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione: “Facente parte dell’equipaggio di unità sottili che eseguirono un audace attacco al naviglio nemico nella lontana a munita Baia di Buccari, si distingueva per sereno ardimento”(10-11 febbraio 1918). Appena nel maggio successivo veniva nuovamente decorato con medaglia di bronzo al valor Militare “per aver partecipato con abnegazione, sereno coraggio e fervido entusiasmo al forzamento della piazza forte nemica di Pola” e per altre azioni parimenti ardimentose ottenne anche tre Croci di Guerra al Valor Militare.

Nel più recente dopoguerra, molto si impegnò nella città, dedicando la sua vita di pensionato alla poesia dialettale ed allo sviluppo delle Associazioni combattentistiche. Si spense a Rimini il 3 novembre 1964.

                                                                                   Gaetano D. Rossi, Segr. ARIES                                                                                 

 NOTE:

1)    Inizialmente la sigla stava per Motobarca Armata Svan (dal nome della fabbrica veneziana che li produceva)

2)     In due episodi la potente flotta Imperiale, uscita in squadra (due corazzate oltre a una decina di CT di scorta)una prima volta per appoggiare l’avanzata austriaca verso Venezia colpendo dal mare con le potenti artiglierie di cui disponevano,  le più modeste batterie dei Reggimenti di Marina, impiegate a terra (Cortellazzo)  e la seconda volta per tentare di forzare lo sbarramento di Otranto,  venne messa in fuga dai piccoli, temutissimi MAS al comando di Ciano ( 16 novembre 1917) e Rizzo, che a Premuda (10 giugno 1918)  riuscì a centrare con due siluri la corazzata “Santo Stefano” causandone l’affondamento. A tale clamorosa azione ed a tale data è legata la istituzione, nel 1939, della festa della Marina Militare Italiana.

3)    Il 10 dicembre del 1917 il MAS 9, al comando del tenente di Vascello Luigi Rizzo,  riuscì a superare, avvalendosi delle cesoie idrauliche in dotazione, gli sbarramenti posti a difesa del porto di Trieste (precedenti esperimenti condotti con singolari  mezzi ”saltatori” quali il “Grillo”,  la “Cavalletta” e la “Locusta” non avevano avuto fortuna) , si avvicinò alla corazzata “Wien” e lanciò i due siluri dei quali il MAS era normalmente armato colpendola in pieno e causandone, anche in questo caso, il rapido affondamento. L’ultima eclatante azione dei “masisti”  fu l’affondamento della poderosa corazzata “Viribus Unitis” (notte del 31 ottobre 1918) anche se in tal caso non furono utilizzati dei MAS se non per la manovra di avvicinamento agli sbarramenti (5 in totale!), ma delle “mignatte” magnetiche, portate a nuoto da ardimentosi sommozzatori (Raffaele Paolucci, Raffaele Rossetti) fin sotto la nave nemica ed applicate con magneti. Si trattava dei precursori dei famosi “maiali” impiegati nella IIGM.

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       Due rarissimi cimeli a suo tempo donati dalla famiglia di Edmondo Turci alla Biblioteca di Santarcangelo di Romagna ed ivi conservati. Il dirigente della Biblioteca li affidò, mostra per mostra, al Segretario di ARIES perché fossero mostrati e se ne illustrasse la storia avvincente. Furono così esposti nelle cinque diverse mostre allestite da ARIES sulla Grande Guerra fra il 2014 ed il 2018. Si tratta di una delle 31 bandierine donate da D'Annunzio una per ciascun componente degli equipaggi , portanti la firma del Vate e l'acronimo da lui stesso ideato in quella indimenticabile notte fra il 10 e l'11 febbraio 1918 : Memento Audere Semper;  il vessillo blu -con le sette stelle dorate ("guidone") che rappresentano la costellazione dell'Orsa Maggiore-, veniva invece montato a prua del MAS 96, donato a D'Annunzio dopo la guerra e col quale navigava sul Garda, avvalendosi di Edmondo Turci, come amico e motorista speciale. E' quindi simbolo ed emblema di un'altra delle famosissime imprese dannunziane (si pensi anche al volo su Vienna!) :  la presa di Fiume (1919-1920), concepita e realizzata per orgogliosa patriottica ritorsione a fronte del mancato rispetto di patti segreti (patto di Londra,1915) sulla scorta dei quali l'Italia era stata convinta ad entrare in guerra nel maggio  di quello stesso anno al fianco delle potenze alleate denunciando un precedente patto stipulato con Germania ed Austria. A guerra finita e vinta fu invece negata all'Italia (la c.d. "vittoria mutilata") l'acquisizione(in precedenza concordata e assicurata) dell' Istria e di parte della Dalmazia.



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            I più noti fra i protagonisti  della Beffa di Buccari

                         

              Da sinistra Luigi Rizzo, Gabriele D'Annunzio, Costanzo Ciano, 

                           in una foto scattata al rientro dall'Impresa.



                                           TUTTI I PARTECIPANTI

IL PRIMO EQUIPAGGIO.


Il capitano di fregata COSTANZO CIANO da Livorno.
Il capitano di corvetta LUIGI RIZZO da Milazzo.
Il volontario motonauta ANGELO PROCACCINI da Mestre.(m. 12.4.1982)
Il capotorpediniere GIUSEPPE VOLPI da Viareggio.
Il sottonocchiere BENEDETTO BELTRAMIN da Donada. (m. 25.10.1973)
Il marinaio scelto GIUSEPPE CORTI da Ponza.
Il fochista scelto EDMONDO TURCI da S.Ermete (S.Arcangelo di Romagna).
Il fochista MENOTTI FERRI da Massa Fiscaglia.
Il torpediniere ACHILLE MARTINELLI da Montalcino.(m. 13.2.1967)
Il volontario marinaio GABRIELE D'ANNUNZIO da Pescara d'Abruzzi.


IL SECONDO EQUIPAGGIO.

Il tenente di vascello PROFETA ODOARDO DE SANTIS da Chiusi.
Il capotimoniere GINO MONTIPÒ da Sas suolo. (m. 27.12.1961)
Il capotorpediniere ARTURO MARTINI da Napoli.
Il marinaio scelto SALVATORE GENITIVO da Favignana.
Il marinaio RAFFAELE ESPOSITO da Conca Marini.
Il cannoniere scelto GALLIANO FURLANI da Fano.
Il torpediniere ONIGLIO CALZOLARI da Pitelli.
Il fochista scelto ANTONINO MACALUSO da Palermo.
Il fochista VIRGILIO GADDONI da Massa Lombarda. (m. 3.11.1964)
Il torpediniere VINCENZO GAGGERI da Casale Monferrato. (m. 13.12.1978)


IL TERZO EQUIPAGGIO.

Il sottotenente C. R. E. ANDREA FERRARINI da Mantova.
Il capotimoniere VINCENZO LAZZARINI da Viareggio.
Il sottonocchiere EMILIO DAVIDE da Finalmarina.
Il marinaio PAOLO PAPA da Trapani.
Il sottocapo torpediniere CESARE DAGNINO da Sestri Ponente.
Il sottocapo torpediniere DOMENICO PICCIRILLO da Vietri sul Mare.
Il cannoniere scelto UMBERTO BIANCAMANO da Gallipoli.
Il cannoniere scelto ANGELO RITTORE da S. Bartolomeo del Cervo.
Il fochista SAVERIO BADIALI da Spezia.
Il fochista MARIO ALLEGRETTI da Terni.





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