Ritratto con i gradi da Tenente colonnello
Il 22 marzo del 1938 veniva ufficialmente costituito a Castel Benito, in Libia, per iniziativa di Italo Balbo, il Battaglione Allievi paracadutisti dell’Aria (poi denominati Fanti dell’Aria) sotto il comando dell’allora Maggiore Goffredo Tonini.
La storia di questo ardimentoso parte da ben più
lontano.
Nato a
Rimini il 12 settembre del 1898, il giovane Goffredo si era ben presto distinto
per le sue doti di coraggio e spirito di iniziativa, generosità d’animo e
sprezzo del pericolo. Ancor ragazzino, non aveva infatti esitato a tuffarsi nel
mare in tempesta per salvare un compagno di scuola che, travolto dalle onde e
non sapendo nuotare, sarebbe di certo affogato.
Essendo
chiamato a prestare il servizio militare (era iniziata la guerra: la prima
guerra mondiale) dopo la visita di leva è incorporato nei bersaglieri, ma per
protettivo interessamento del padre, che ben ne conosceva l’ardore, viene poi
assegnato al Genio Telegrafisti. Dalla tranquilla destinazione del deposito
succursale di Verona Goffredo si fa però ben presto trasferire a Caporetto e,
dopo qualche mese, alla 7° compagnia lanciafiamme per il suo desiderio di combattere
in prima linea. La guerra la combatte per un anno e più, con “giubba aperta, armi e fegataccio di ardito”
–dice di lui una relazione- e nell’estate del 1918 viene ammesso a frequentare
il corso AUC dal quale esce con il grado di sottotenente il 27 marzo del 1919,
assegnato al 1° Reggimento Genio di Pavia.
Ritratto con i gradi da Tenente
Transitato successivamente in Compagnie di Zappatori, Pontieri e Minatori in territorio ancora dichiarato in stato di Guerra (Dalmazia), il 30 ottobre del 1921, passa in S.p.e. e viene trasferito in Cirenaica, dove si segnala subito per essersi adoperato nell’opera di soccorso e di spegnimento di un furioso incendio sviluppatosi nel suk di Bengasi. Ma Nel 1923 in Cirenaica scoppia altrettanto furiosa la ribellione senussita (una sorta di setta politico-religiosa). A Tonini viene affidato il comando della Sezione radio al seguito del Battaglione del Maggiore Mariano Melelli (i reparti indigeni, contraddistinti da splendide iconografie e dai colori delle fasce e dei tarbusc, prendevano il nome del comandante ed una numerazione propria).
Il 10
giugno del 1923, è a bordo della Regia cannoniera Berenice con l’incarico di
sbarcare ad El Agheila, sul Golfo della Sirte, per unirsi alla Colonna
“Melelli”, costituita dal VII Battaglione Eritreo.
In
prossimità della costa viene intercettato un messaggio che segnala un
fortissimo attacco in corso alla Colonna per opera di masse preponderanti di
beduini ribelli, a Bir Bilal. A poco più di un miglio, all’altezza di Marsa
Brega, il Sottotenente decide quindi di sbarcare nonostante le pessime
condizioni del mare, anche perché si odono ancora degli spari. Calata una grossa scialuppa (la cannoniera
non può infatti avvicinarsi per via dei bassi fondali e del mare agitato)
Tonini raggiunge la riva , fa tirare in secco l’imbarcazione e raggiunge il
luogo dello scontro, dove il Battaglione è stato decimato. Fra i morti
nazionali ed indigeni ci sono oltre 170 feriti. Tonini si rende conto che
bisogna salvarli ma che occorre dar tempo alla scialuppa di fare molti viaggi
fra la costa e la cannoniera, che incrocia al largo. Al fine di consentire lo
sgombero Tonini si porta in cima ad una collina, su dei ruderi che chiamano “La
fortezza”, e con soli otto ascari, dirigendo da lì anche il tiro delle batterie
della cannoniera, apre il fuoco contro gli assalitori tenendoli a bada per
tutto il tempo necessario per sgomberare feriti e superstiti. Il Maggiore
Melelli è caduto nello scontro e Tonini dirige l’intera operazione con perizia,
calma e coraggio. E’un’impresa memorabile e quasi sovrumana tanto che per i
fatti di Marsa Brega furono poi concesse due medaglie d’oro al Maggiore Melelli (alla memoria) ed al
Sottotenente Tonini vivente (e si ricordi che la concessione di MO a militare
in vita era caso pressoché eccezionale); circostanza altrettanto straordinaria
che testimonia dell’indiscusso eroismo del fatto fu che la proposta di
decorazione al Tonini, partita come di concessione di medaglia
d’argento(proprio perché non caduto) venne
invece dalla Commissione deputata a valutarlo, elevata all’oro.
Il momento della decorazione
Quindici anni più tardi, quando il Tonini,
nominato Maggiore per meriti di guerra (campagna d’Africa Orientale, 1936) rispondendo all’appello del Governatore della
Libia Italo Balbo accorrerà per primo all’iniziativa di costituire, primi nel
mondo, un reparto di paracadutisti, alcuni degli ascari del rinnovato VII B.ne,
che al momento dello scontro di Marsa Brega avevano dato il Tonini per morto
nella furiosa mischia, gli appiopperanno il nomignolo di “Maggiore 47” ricordando che la cabala associa quel numero al
“morto che parla”.
L’ardimentoso Maggiore deve infatti essere
ricordato anche e soprattutto per un’altra epica impresa, della quale fu il principale
protagonista.
Correva
l’anno1936. Lo SM del R.E. aveva deciso di dar vita ad un reparto
paracadutisti, ma l’iniziativa si era arenata. Con Regio Decreto del 22
febbraio 1937 veniva attribuita alla Regia Aeronautica la competenza a gestire
le costituende scuole di paracadutismo, ma anche in questo caso tutto si era
fermato sulla carta. Il Maresciallo
dell’Aria Italo Balbo, straordinaria personalità e carisma, fascista della
prima ora, quadrunviro, ardimentoso pilota noto in tutto il mondo per la prima
trasvolata dell’Atlantico al comando di una squadriglia di idrovolanti,
precursore dell’Arma aeronautica e di tutte le specialità ad essa connesse,
allontanato dall’Italia (forse per una certa qual gelosia di Mussolini nei suoi
confronti) con l’attribuzione, peraltro prestigiosa, del titolo di Governatore
della Libia, decise di rompere ogni indugio e di costituire, di sua iniziativa
(come era nel suo carattere impetuoso), un reparto di paracadutisti volontari.
Significativi i ricordi del Tonini, circa il loro incontro, avvenuto appunto il
22 marzo 1938 a Castel Benito(Libia) :
“”Balbo mi dice : Sei di
Rimini? -Rispondo di sì- Come mai
nessuno degli Italiani intende presentarsi a fare il paracadutista? –Non
lo so- E lui : Allora organizziamoci con
tutti gli indigeni!..
E’ convocato anche Prospero Freri, l’inventore
del paracadute modello “Salvator”, prima d’allora dato in dotazione solo ai
piloti d’aeroplani, da usarsi per i casi di emergenza. Freri istruisce il
Maggiore Tonini appena in una settimana, dal 22 al 28 marzo. Il mattino del 29
il Maggiore fa il suo primo lancio e quel giorno stesso assume il comando del
Battaglione libico (in formazione) e della Scuola Paracadutisti, con sede a
Castel Benito.
Freri e Tonini a Tripoli, in preparazione dei lanci con il paracadute Salvator. che il Freri aveva ideato per la sicurezza dei soli piloti e che ai soli piloti era dato in dotazione.
Tonini in addestramento, in attesa del decollo
Appena un mese più tardi risultano addestrati altri 300 volontari formandosi così un secondo Battaglione di Fanti che, associato al primo, andrà a formare il Primo Reggimento Fanti dell’Aria composto interamente da libici al comando di una cinquantina fra ufficiali e sottufficiali nazionali.
Italo Balbo volle per primo verificare lo stato dell'addestramento e si era recato in visita ufficiosa a Castel Benito, accompagnato del Principe Umberto , l'8 aprile 1938
Il Principe Umberto ed alcune signore invitate a presenziare
Si noti il bellissimo timbro a secco: Regia Aeronautica Aeroporto di Castel Benito Laboratorio fotografico
Il Reggimento è talmente ben addestrato che il 23 maggio 1938, alla presenza di Re Vittorio Emanuele III, sul Campo di Bir El Gnem può esser lanciato contemporaneamente in “forza massima”, costituita ormai da più di seicento unità. Il cielo, per la prima volta nel mondo, si riempie dei candidi ombrelli bianchi : sono i nuovi paracadute studiati dal Freri, più sicuri dei precedenti. Viene addirittura paracadutato un cannone anticarro del peso di 600 chili, con tanto di cassetta di munizioni: il paracadute, dicono le cronache di stupiti corrispondenti esteri, è grande come “la cupola di San Pietro”. Il lancio del reggimento viene considerato riuscitissimo; il Re ne è entusiasta e nomina istantaneamente (motu proprio) Cavalieri della Corona d’Italia tutti gli Ufficiali. Il loro Comandante, Maggiore Tonini riceve le insegne di Ufficiale dei SS Maurizio e Lazzaro.
Il saluto del Re ai Paracadutisti Libici, i Fanti dell''Aria
Quando di lì a poco il reggimento verrà contratto
in un solo battaglione per ragioni di spesa, si aggiungerà al serto degli
allori anche il triste ma inevitabile conto delle perdite di dodici morti (per
alcune fonti ,una ventina) e 75 feriti,
cui andrà il ricordo riconoscente ed ammirato di generazioni dei paracadutisti
a venire.
Rimane invece attiva la scuola di paracadutismo
(poi ne sorgeranno ben presto altre, in territorio nazionale, la più famosa a
Tarquinia), dirigendo la quale il Maggiore Tonini continua ad addestrare Fanti
dell’Aria, ora chiamati Diavoli neri.
Nel frattempo in Europa gli eventi precipitano: è
la guerra. Ma il destino dei Fanti dell’Aria, sia libici che nazionali ,
complice l’ottusità e miopia delle alte gerarchie militari è identico. Non
verranno mai impiegati in funzione dello straordinario addestramento ottenuto;
in tutti i settori, i paracadutisti verranno infatti impiegati (e sprecati)
come semplici fantaccini. Così sarà poi, nell’ottobre del 1942 ad El Alamein,
dove si sacrificherà l’eroica Divisione Folgore ; e così è nel gennaio-febbraio
del 1941 , sempre in Africa Settentrionale, dove i paracadutisti del Maggiore
Tonini, riuniti nel neocostituito “Gruppo
Mobile Tonini” posto agli ordini del Generale Annibale Bergonzoli
(soprannominato “Barba elettrica”) composto da 1000 uomini addestrati ad
operazioni che in coordinato concorso con altre forze avrebbero potuto avere
esiti imprevedibili e forse persino risolutivi (si pensi alla stoltamente
rinunciata occupazione di Malta, spina nel fianco dei nostri rifornimenti alle
truppe impegnate in Africa Settentrionale,
incredibilmente lasciata indenne da una non certo impossibile
invasione), saranno invece costantemente inchiodati a terra, in condizioni di
inferiorità rispetto ai mezzi di cui poterono disporre gli avversari.
Purtuttavia si batterono con eroismo ed ardore fra il gennaio ed il febbraio
del 1941, a prezzo di forti perdite, a copertura della ritirata della
retroguardia del XX Corpo d’Armata, in ripiegamento verso Agedabia.
Gruppo Mobile Tonini: piano per la Difesa di Derna
Ordini
confusi fanno sì che la via Balbia, la splendida e modernissima strada costiera
voluta e fatta realizzare sotto il suo governatorato da Italo Balbo (900
chilometri costruiti in meno di un anno, con costi inferiori al preventivato)
resti paralizzata da un colossale e caotico afflusso di mezzi (1200 autocarri,
400 cannoni, 120 carri armati, 40.000 uomini). Si ricorre al “Gruppo Mobile Tonini”, che risale la
colonna fuori strada e che è chiamato a tentare di fermare l’avanzata dei carri
inglesi, provenienti sulla destra della colonna stessa. Il gruppo impegna il
nemico la mattina del 6 febbraio, ma dispone dei modesti carri M13, che non
possono competere con quelli avversari, e che vengono presto distrutti. I
paracadutisti combattono come possono ma la sproporzione delle forze rende
impossibile ogni difesa. Non c’è alcun eroismo né merito nello schiacciare chi
non ha mezzi per difendersi; c’è l’uno e l’altro, invece, in chi si difende
sino all’estremo sacrificio pur sapendo di essere in condizioni di insostenibile
inferiorità. Ed proprio in tali condizioni combattono invece i “nostri” libici,
che a fine giornata conteranno perdite pari al 50% degli effettivi. Al km.46
della via Balbia per il Gruppo Mobile Tonini è la fine. I prigionieri (101) fra
i quali il comandante del reparto e molti ufficiali, alcuni dei quali verranno
poi proditoriamente uccisi durante la prigionia) continueranno la loro guerra
dietro gli amari reticolati dei campi inglesi. Solo un centinaio di
paracadutisti riusciranno ad evitare la cattura.
Di questo
straordinario reparto e del suo Comandante, gloria tutta riminese quindi, deve
restare per sempre il ricordo della eccezionale esperienza, di una assoluta
novità , di un antesignano e intrepido ardimento.
Goffredo Tonini, salito nella carriera militare fino al grado di Generale di Divisione e coperto di onori e di gloria anche nell’Italia postbellica, si è spento a Roma il 19 aprile del 1970.
MOTIVAZIONE DELLA MEDAGLIA D’ORO:
“Imbarcato di passaggio sulla cannoniera Berenice, si recava a terra su di un battello
per constatare quale era la situazione del presidio di Marsa Brega, dove si
supponeva si fossero rifugiati, come effettivamente risultò, i gloriosi
superstiti del Battaglione Melelli. Iniziava subito lo sgombero dei feriti e
prendendo il comando dei superstiti, organizzava la difesa del castello, contro
le soverchianti forze dei ribelli, dando informazioni continue e precise al comando
della nave per eseguire il tiro e tenendo la posizione fino all’ultimo momento,
dimostrando sprezzo del pericolo e brillante iniziativa, ritirandosi solamente
quando lo sgombro era completo e dopo aver incendiato i materiali residui
perché non cadessero nelle mani dell’avversario” Marsa Brega-Libia- 12 giugno
1923”
MOTIVAZIONE DELLA CONCESSIONE DI CAVALIERE DELL’ORDINE MILITARE D’ITALIA (D.P.n.327 del 13 maggio 1948)
“Comandante di un gruppo mobile autocarrato, destinato a contrastare l’avanzata nemica, col sapiente impiego dei vari mezzi a disposizione, col sagace sfruttamento del terreno, con ripetute audaci ed insidiose incursioni entro lo schieramento nemico da lui personalmente condotte, assolveva esemplarmente il compito ricevuto. Col suo altissimo prestigio personale e con la sua fermezza ed audacia manteneva, nonostante le forti perdite, le posizioni affidategli per un tempo superiore a quello previsto dal piano di difesa e non ripiegava se non quando gli veniva ordinato” Africa Settentrionale, Derna. 17 gennaio – 2 febbraio 1941
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Racconto e foto tratte da Archivio ARIES e da :
Storie di decorati riminesi al Valor Militare, dal Risorgimento alla II G.M.
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